di Laura Rainone
In un’intervista, pubblicata su La Stampa del 4 novembre scorso, Hans Ulrich Obrist, il direttore artistico delle Serpentine Galleries di Londra, così ha risposto ad alcune delle domande che gli sono state poste:
Mondialità e località non sono parole in conflitto…non siamo isole, siamo un arcipelago…penso alla realtà aumentata, alle strade che offre; la tecnologia dà la possibilità di mischiare discipline diverse in modo inedito.
E’ un’idea nuova di lavoro, che supera il senso comune, una sorta di polifonia culturale, il frutto e lo sviluppo di un impegno intellettivo che riguardi gli aspetti più completi della formazione.
Non è superfluo sottolineare il fatto che mansioni un tempo fortemente significative sul mercato oggi risultino obsolete, e così sarà per quelle odierne nel futuro; pertanto, conterà sempre di più saper lavorare ascoltando più voci e confrontarsi con i temi più disparati, essere abili in rete e imparare, in modo coraggioso, il rispetto per un fare eticamente corretto. I meno giovani, ma forse le nuove generazioni ancor di più, sanno bene che è necessario essere in grado di reinventarsi con consapevolezza e sensibilità critica, e proprio queste doti sono da coltivare preparandosi in modo completo. C’è bisogno di affrontare il mondo del lavoro con sana competizione e umiltà propositiva, sviluppando le proprie competenze e la propria esperienza anche imparando ad osservare quelle altrui: la vita di un’impresa è determinata dalla corretta integrazione delle singole professionalità e dalla complementarietà delle caratteristiche di ogni figura operante.
Occorre saper affrontare le difficoltà, e ciò per un imprenditore vuol dire avere determinazione nel saper osservare ad ampio raggio e nel saper accogliere sfide sempre nuove. Un imprenditore consapevole, peraltro, pone l’accento anche sulla funzione sociale: questa fa sì che la sua operatività si connoti di una forte valenza progettuale proprio grazie alla necessità di supportare il benessere generale del territorio. Chi entra nel mercato del lavoro da “giovane imprenditore”, dove giovane può individuare l’età anagrafica dello stesso imprenditore ma anche l’età dell’impresa, dovrebbe non perdere mai di vista la cura costante delle risorse di cui dispone, le proprie e quelle dell’ambiente in cui opera e, allo stesso tempo, essere abile nel confrontarsi in modo dinamico con i cambiamenti.
Da questa nuova cultura dell’innovazione, il cui “motore – direbbe Kotler – è la creatività”, è possibile ricominciare, incoraggiando processi di sviluppo che non neghino gli insuccessi, perché condizioni inevitabili alle quali nessuna azienda può sottrarsi, ma anzi proprio questi siano la leva per ripartire, poiché punto di confronto per coloro che se ne sapranno assumere le responsabilità e che, nell’essere in grado di leggere i segnali, sapranno cogliere la parte sostanziale di quell’eredità culturale, al fine di migliori e costruttive scelte per il futuro. E qui, in conclusione, non resta che ricordare che progettare nuove azioni imprenditoriali senza dare spazio alla creatività significherebbe fermare la vita delle idee.